Effetti pensionistici del maggior rendimento dei montanti
Lo scorso settembre è stato definitivamente approvato dai Ministeri Vigilanti il Regolamento Unitario in materia di Previdenza e Assistenza della Cassa Dottori Commercialisti che ha interiorizzato alcuni cambiamenti rilevanti a suo tempo deliberati dal CdA della Cassa. In particolare, ci riferiamo all’innalzamento, fin dal 2016, del tetto massimo del tasso di capitalizzazione dei montanti contributivi.
Già sui versamenti di quest’anno cambia, quindi, la modalità di capitalizzazione dei montanti individuali degli iscritti, dato che il tasso massimo non sarà più pari alla media quinquennale del Pil, ma al più alto tra tale media e quella quinquennale del rendimento patrimoniale utilizzato nel bilancio tecnico, fino a un massimo del 3%.
Con montanti contributivi penalizzati da una congiuntura economica poco favorevole che si ripercuote negativamente sui valori espressi dal Pil nazionale, fornire un’alternativa più performante al tasso usato per la capitalizzazione dei montanti contributivi rappresenta una leva ulteriore per rafforzare le pensioni dei Dottori Commercialisti. Per cercare di dare una risposta indicativa su quello che potrebbe essere l’impatto di una novità tanto attesa quanto desiderata da parte della Cassa, per alimentare in un momento economico deflattivo la massa contributiva individuale a fini pensionistici, abbiamo effettuato alcune simulazioni. Si tratta di calcoli teorici, un esercizio in cui vengono messi a confronto, nel caso reale di redditi e volumi d’affari dichiarati alla Cassa e sviluppati tenendo conto delle rivalutazioni monetarie e del proprio profilo di crescita, secondo regole di periodo vigenti, tre diversi tassi di rivalutazione dei montanti:
- il primo, ante modifica regolamentare, pari all’1,5%, che viene preso come base di riferimento;
- il secondo, che tiene conto del valore medio da Bilancio Tecnico dei rendimenti patrimoniali, tendenzialmente pari al 2,5%;
- il terzo pari al massimale previsto del 3%. Inoltre, per distinguere gli effetti su diversi anni di iscrizione, ovvero per verificare i diversi impatti su pensioni miste con alta o bassa prevalenza di annualità calcolate con il metodo reddituale e pensioni interamente contributive, sono stati selezionati 3 diversi momenti di accesso alla professione (vedi tabella).
E’ chiaramente visibile lo spartiacque tra chi ha maturato un elevato numero di anni nel regime retributivo e gli altri due casi di studio. Il primo si avvantaggia di un più veloce recupero dei contributi versati, ma allo stesso tempo l’effetto di un più alto tasso di capitalizzazione è abbastanza contenuto (intorno al 2%).
Diversa la situazione per chi si è iscritto alla Cassa di recente oppure ha maturato solo pochi anni nel regime retributivo. In questo caso gli “svantaggi” dovuti al metodo di calcolo sul rateo pensionistico sono compensati da un effetto dello “sblocco” dei rendimenti patrimoniali, che, come da bilancio tecnico (media del 2,5%), può garantire una maggiorazione dell’assegno previsto vicino al 15%, con punte di oltre il 20%.
Le percentuali rilevate mettono in luce come con impegno e perseveranza si possano raggiungere traguardi importanti, che vanno ad aggiungersi ai risultati già ottenuti nel cercare di indirizzare le aspettative previdenziali degli iscritti su livelli attesi migliori.
Quando si riescono ad individuare le giuste leve per garantire prestazioni più adeguate senza scardinare gli equilibri finanziari di lungo periodo è bene attivarsi per metterle in moto. Legare la rivalutazione dei montanti ai rendimenti patrimoniali è solo l’ultimo di una serie di interventi possibili, con la consapevolezza che vi sono ancora margini per offrire condizioni più favorevoli a chi ha subito l’onere del passaggio al contributivo.