Il tessuto metropolitano come volano della professione

Tra i fattori di disparità interni a una categoria professionale che continua a mentenersi in crescita nonostante il contesto critico di una sempre più evidente stagflazione economica, vi è di certo quella territoriale.
Nello specifico non parliamo di distribuzione territoriale a carattere nazionale, ma di un confronto puntuale tra coloro che operano principalmente all’interno del comune capoluogo di provincia e i Dottori Commercialisti residenti negli altri comuni della provincia di appartenenza.
Poter contare su uno studio nel “cuore” del territorio di appartenenza consente nella maggior parte dei casi di poter contare su condizioni economiche più favorevoli, oltre che su un più ampio ventaglio di relazioni sociali e circolazione delle informazioni, per dare slancio alla professione e posizionarsi come figura di riferimento per una fetta importante della domanda locale.
Sul complesso delle 107 province, infatti, solo il 17% circa del totale (18 province) presenta, insieme o distintamente, una media più elevata di reddito e volume d’affari nell’area extra metropolitana rispetto a quella metropolitana. Inoltre, l’aspetto che caratterizza queste province non si verifica mai all’interno del capoluogo di regione (vedi grafici).
E’ una differenza che, a prima vista come i picchi nel grafico tendono ad evidenziare, si allarga nelle aree metropolitane più vaste, in particolare del Centro-Nord (Milano, Roma, Bologna, poi Venezia e Torino). Per il Sud, tra le province non capoluogo un’eccezione si riscontra con Crotone (40mila circa di differenza).
Attraverso quest’analisi si può avere un sentiment per individuare, nello specifico, dove rimane più proficuo in fase di start up collocare il proprio centro nevralgico per poter sviluppare un percorso professionale più dinamico e soddisfacente.


La correlazione della dinamica reddituale tra area metropolitana, dimensione territoriale e area geografica è messa chiaramente in luce dalla tabella successiva, in cui la media delle differenze reddituali è confrontata con le classi di iscritto di ciascuna provincia.
Soprattutto se guardiamo al volume d’affari, si nota come per le province con oltre 1.000 Dottori Commercialisti iscritti alla Cassa la media delle variazioni assolute è 2 volte quella delle province con un numero di iscritti compreso tra 501 e 1.000 e pari a circa 2,5 volte quella delle due classi inferiori. Per il reddito professionale l’andamento è analogo ma meno accentuato.
Come i capoluoghi di regione ci avevano mostrato in precedenza il dettaglio complessivo mostra un divario in media quasi doppio tra nord e sud per quanto concerne il reddito e anche superiore a 2 per quanto riguarda il volume d’affari.

Nel complesso l’analisi ci aiuta a comprendere l’elevata capacità produttiva dei Dottori Commercialisti che operano nel tessuto metropolitano rispetto a chi lo fa nel circuito extra metropolitano (non per forza da considerare periferico).
Il tessuto metropolitano, partendo da basi più solide non solo sotto il profilo della ricchezza pro-capite, finisce per incidere positivamente e aiuta la categoria a trovare le giuste soluzioni per collocarsi nella parte alta della curva reddituale.
Tra gli elementi distintivi a supporto delle nostre analisi i vantaggi, per chi vive e lavora in ambito metropolitano, di una migliore gestione del tempo per la vicinanza tra casa e luogo di lavoro e una più rapida ed economica gestione degli spostamenti; oltre al fatto che le infrastrutture e un’area più popolosa consentono di incrementare le opportunità professionali.