Il ruolo di professionista genitore trascende le differenze di genere
Quando mi è stato proposto questo argomento la suffragetta che è in me ha avuto un moto di ribellione. Punto di vista rosa? In che epoca mi trovo? Ma poi hanno preso il sopravvento l’ottimismo e il ben pensare: professione e previdenza sono indubbiamente vocaboli al femminile. Punti di vista rosa non ne vedo: la nostra professione è basata su competenze e rapporto fiduciario e in tutta franchezza non vedo azioni che possano né debbano rafforzare, o ancor peggio tutelare, un genere in luogo di un altro. La differenza di genere è sociale, culturale e nel caso è lì che si può intervenire per abbattere pregiudizi e barriere.
Vedo l’incremento della presenza femminile come punto di forza e ritengo che la pari presenza di uomini e donne nella nostra categoria, in termini di iscritti e conseguentemente in termini di rappresentanza, sia un’opportunità per far crescere la nostra professione.
Attendo con fiducia il giorno in cui non sentirò più parlare in ambito lavorativo di differenze di genere. Ciò nonostante, è di tutta evidenza che permangono distanze importanti tra uomini e donne nella nostra professione: a livello di incarichi ricoperti, in termini di numerosità e di importanza, come anche a livello di reddito, ma non credo che su tali aspetti si possa e soprattutto si debba intervenire. Leggere questi dati facendo un distinguo di genere lo trovo fuorviante e a mio giudizio relega le donne a “categoria da tutelare”. Trovo, invece, che un cambiamento di passo possa avvenire utilizzando un nuovo punto di vista, che non poggi più sull’utilizzo di queste categorie, uomo e donna, che voglio immaginare superate.
Il mio contributo parte da una riflessione semplice: ciò che non avviene naturalmente, va sospinto e aiutato.
Ho imparato ad apprezzare il mondo della previdenza e questo cambio di passo lo immagino realizzato qui. Come inaugurare questo nuovo corso? Attraverso un intervento nelle prestazioni previdenziali? Non credo, non ora. Le prestazioni previdenziali sono legate al reddito e al contempo rappresentano scelte del tutto personali su come progettare il proprio futuro.
Allora forse è l’aspetto assistenziale che può dare una spinta perché questo processo si compia. Malattia, disabilità, sostegno al reddito non hanno genere di appartenenza. Quello che, invece, appare un affare tutto al femminile è la genitorialità.
Sono madre e, in effetti, posso testimoniare che tra me e mio marito alla fine sono stata “io” quella che ha dovuto portare avanti la gravidanza e affrontare il parto! Non ho, pertanto, intenzione di mettere in discussione quanto fatto sinora come supporto alla maternità. Se le prestazioni collegate alla maternità sono da vedersi come un sostegno offerto alle colleghe, in un periodo particolarmente complesso per chi esercita la libera professione, la mia idea è che da un aiuto concreto alla genitorialità possa nascere parità di genere. Pare, infatti, che nel nostro paese, e di riflesso anche nella nostra professione, la genitorialità non sia fonte di problemi, e se proprio ne dovesse creare qualcuno, di certo sarebbe di pertinenza squisitamente femminile.
Per curiosità ho chiesto se la nostra Cassa avesse esaminato i dati reddituali degli iscritti, donne ma anche uomini, durante e dopo la nascita di un figlio, ma questo specifico dettaglio non è ancora disponibile. Ritengo che possa essere un primo dato per esaminare come cambiano le capacità di far crescere la propria attività e di conseguenza di sviluppare reddito, nel momento in cui si diventa genitori e per gli anni a venire.
Credo che riconoscere uguali responsabilità, uguale impegno, ma al contempo le stesse agevolazioni, sia un mezzo per annullare le differenze. Il mio suggerimento e auspicio è, dunque, che si possano implementare, nell’ambito dell’assistenza offerta dalla nostra Cassa, una pluralità di servizi a sostegno della genitorialità: un aiuto concreto per “sistemare” i propri figli nei primi tre anni di vita e durante le lunghe estati in cui le scuole sono chiuse, almeno sino alle medie inferiori, cui potrebbe sommarsi un supporto più incisivo per investire sulla formazione dei propri figli a tutte le età. Rendere, dunque, più facile l’essere genitori e professionisti allo stesso tempo. Perché tutto ciò funzioni l’aiuto deve essere destinato ai genitori e non alle madri: perché i figli sono un affare di famiglia!
Federica D'Erme
Delegata Ordine di Latina