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Editoriale di Walter Anedda

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Negli ultimi mesi, diversi Colleghi si sono rivolti alle Casse per conoscere le modalità con le quali poter accedere al c.d. regime del “Cumulo Gratuito”, istituto questo che è stato esteso anche ai liberi professionisti attraverso un emendamento presentato in sede di approvazione dell’ultima legge di bilancio.

Le Casse hanno richiesto per tempo un confronto per analizzare l’applicabilità dei principi di questo istituto - nato per disciplinare l’unificazione gratuita di spezzoni contributivi all’interno della previdenza pubblica – ai propri sistemi previdenziali gestiti in completo “autofinanziamento”.

Al di là delle soluzioni che, mi auguro a breve, potranno essere definite grazie anche ai diversi incontri tecnici congiunti avuti con il Ministero del Lavoro e l’INPS, resta l’amarezza per come, ancora una volta, si è costretti a fronteggiare un meccanismo assurdo e illogico di normare senza analizzarne preventivamente gli effetti.

La previdenza non è un tema in cui è possibile improvvisare seguendo, spesso, logiche elettorali o corporative anche perché ha profili di natura finanziaria di medio/lungo periodo che non possono essere sottovalutati o, perfino (come nel caso specifico), nemmeno presi in considerazione. Anzi.

Mentre qualsivoglia delibera assunta dalle Casse che abbia riflessi anche minimi sulle entrate (contributi o sanzioni) o uscite (prestazioni previdenziali e assistenziali) deve essere correttamente corroborata dalla invarianza dell’equilibrio di lungo periodo, di contro, invece, si approvano interventi normativi che, in spregio alla autonomia finanziaria degli enti ribadita dalla sentenza della Corte Costituzionale n.7/2017, tendono a eroderne le fondamenta.  Siamo al paradosso.

Ammesso e non concesso che tale modo di operare possa essere accettato nell’ambito della previdenza pubblica, in gran parte finanziata dalla fiscalità collettiva, questo non può e non deve essere consentito nell’ambito della previdenza privata dove è posto divieto di ricorrere alla contribuzione statale e dove ogni estensione delle prestazioni a favore di alcuni iscritti comporta un onere – che le Casse devono valutare nell’arco di almeno 30 anni se non 50 – che può trovare copertura solo nell’aumento di contribuzione degli altri iscritti.

Se non si tiene conto di tutto questo, gli sforzi fatti da ogni singolo Ente per autosostenersi rischiano di essere vanificati dall’opportunismo di coloro che vedono nella previdenza un mero strumento di consenso elettorale.

Con l’auspicio di poterci tutti concedere un meritato riposo, vi auguro buone vacanze e buona lettura.

Il Presidente
Walter Anedda