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Intervista a Veronica De Romanis, Economista e Professoressa di European Economics Università LUISS Guido Carli e Stanford University Firenze

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Il debito pubblico italiano si attesta attualmente a oltre 2.800 miliardi di euro, rappresentando circa il 145% del PIL del nostro Paese. In questo contesto, però, i governi continuano a elaborare misure in deficit incrementando un debito che, prima o poi, dovrà essere pagato. Secondo lei, è stato già oltrepassato il punto di non ritorno? 

In realtà l’attuale governo è molto prudente e sta cercando di ridurre misure in deficit proprio perché negli ultimi anni il debito è stato aumentato moltissimo a causa del peso del Superbonus. Il governo è cauto perché sono entrate in vigore le regole del Patto di Stabilità e crescita (pur se riformato) e anche perché i tassi di interesse sono ancora alti, nonostante si vedano delle prime riduzioni da parte della Banca Centrale Europea. L’Italia è dentro una procedura di infrazione, ma come procedere sarà più chiaro a settembre: con la legge di bilancio, infatti, capiremo qual è il percorso di riduzione del rapporto debito/PIL. In quest’ottica sarà fondamentale mettere questo rapporto su una traiettoria decrescente. 

Più volte ha citato il concetto di “crescita inclusiva”, per indirizzare gli investimenti, sostenendo il miglioramento del contesto economico attuale attraverso la formazione per i più giovani e le infrastrutture per la crescita demografica. Secondo lei, è questo il cambio di paradigma che ci consentirà di superare l’attuale crisi economica? 

La crescita inclusiva è l'obiettivo principale del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza. Non è solo inclusiva, ma anche sostenibile. Nel senso che crescere non basta, ma bisogna avere uno sviluppo che includa chi è rimasto fuori, cioè le donne e i giovani. Per raggiungere questo traguardo, infatti, è fondamentale aumentare l'occupazione femminile e giovanile. In questo momento l’Italia, però, è ultima in termini di tasso di occupazione giovanile in Europa, sulla quale incide pesantemente il fenomeno NEET, cioè quei giovani che non lavorano e non sono dentro un programma di formazione. Su entrambi i fronti negli ultimi anni si registrano dei piccoli miglioramenti. E proprio questi due elementi giocano un ruolo fondamentale sulla vera sfida che abbiamo davanti, la demografia. 
Aumentando l'occupazione femminile e giovanile, si inverte anche la curva demografica. Servono le infrastrutture, ma, pur avendo distribuito risorse, abbiamo visto che non hanno un grande impatto. Non sono necessari, infatti, solo gli asili nido, ma anche le infrastrutture di cura per gli anziani. Il governatore della Banca d'Italia ha anche parlato di strumenti fiscali, cioè un fisco che agevoli il lavoro del secondo coniuge. 

Dalla nostra ultima indagine, è emerso che i giovani professionisti confermano come prioritario un lavoro che consenta un corretto equilibrio con la sfera personale. Su di loro ricadranno, però, gli effetti di decenni di “pasti gratis”, per citare il suo ultimo libro. Come potremo coniugare i bisogni delle nuove generazioni con un’economia in crisi?

Dieci anni di pasti gratis, come dico nel mio ultimo libro, è questo il problema delle generazioni future. L'impatto sul debito pubblico è sotto gli occhi di tutti: l’ultimo pasto gratis è stato il bonus 110% che è stato davvero una misura scellerata perché lì oltre al vitto si è pagato anche l'alloggio. Questa misura avrà, infatti, un impatto sui conti pubblici per ancora molto tempo, si tratta di quasi 200 miliardi che incideranno sul debito e questo vuol dire che ogni anno la nostra spesa per interessi si aggirerà tra i 90/95 miliardi. Una cifra che, se paragonata alle spese per l'istruzione, che sono circa 70 miliardi, fa capire quanto sia elevato il costo del debito. 
Tornando ai giovani, hanno bisogno di formazione, ma anche di un welfare che li possa aiutare a coniugare gli impegni professionali e la vita privata. E quindi di nuovo torniamo all'esigenza di una tenuta dei conti pubblici e di una riduzione del debito. Anche se oltre al pubblico in questo caso, entrano in gioco anche le aziende. Per far sì che siano adottate sempre più misure di welfare, è necessaria una riforma che interessi tutti i settori lavorativi.